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Claudio Parmiggiani - Farfalle
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Sergio Lombardo

Claudio Parmiggiani

Claudio Parmiggiani, Schumann. Märchenerzählungen, 2016
scatola entomologica, sigillata con vetro, farfalla, spartito musicale, spilli, 38,5 x 52 x 6 cm
Magonza editore

TRATTATIVA PRIVATA
Scrivi al direttore:
alessandro.sarteanesi@magonzaeditore.it

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Categoria: Edizioni D'Arte
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  • Descrizione
Descrizione

Claudio Parmiggiani
Luzzara 1943

Tra i maggiori protagonisti del panorama artistico internazionale,  Claudio Parmiggiani è un artista raro. Il suo volontario “esilio” dalla scena artistica italiana, il suo ostinato silenzio da oltre quaranta anni, valgono, nel mondo artistico di oggi, come una presa di posizione di una radicalità pressoché unica. In un contesto in cui la confusione dei valori è la regola, la sua è divenuta una presenza morale e il suo silenzio un’autorità critica. Volutamente lontano dall’“attualità” dell’arte contemporanea, lontano da gruppi o movimenti, Parmiggiani ha saputo sviluppare un linguaggio, innovativo, personale e allo stesso tempo profondamente universale.
I suoi materiali sono polvere e cenere, fuoco e aria, ombra e colore, luce e pietra, vetro e acciaio, sangue e marmo….. Assemblando frammenti del mondo, campane, farfalle, libri, barche, stelle, statue, fa nascere immagini insolite che, nella loro tragica bellezza, ci sembrano stranamente familiari.
Si forma all’Istituto di Belle Arti di Modena (1958-1960). Giovanissimo frequenta Giorgio Morandi (il cui influsso sarà più etico che stilistico). La sua prima mostra si tiene nel 1965 alla libreria Feltrinelli di Bologna, dove espone calchi in gesso dipinti che l’artista definisce ‘pitture scolpite’ e che segnano quella che viene considerata la prima apparizione di un calco in gesso nella vicenda artistica delle neoavanguardie. E’ il tempo del Gruppo ’63 e dei poeti riuniti attorno a “il verri” di Luciano Anceschi ai quali Parmiggiani sarà molto vicino, contribuendo a dar vita a quel clima, proprio del periodo, di intensa collaborazione tra arti visive e poesia. Ma il rapporto fondamentale è con Emilio Villa, con il quale stabilirà un profondo e lunghissimo sodalizio. È del 1970 Atlante, con testi di Balestrini e Villa, opera che si inserisce tra i lavori di misurazione eseguiti tra il 1967 e il 1970: carte geografiche e mappamondi accartocciati, vere antitesi delle certezze del mondo fisico. Sono degli stessi anni opere che coinvolgono totalmente lo spazio, come Luce, luce, luce (1968), dove il pavimento di una galleria è cosparso di pigmento giallo che irradia una luce abbacinante, oppure i labirinti di cristalli infranti (1970), simili a città devastate da una violenta esplosione. Molte sono state le intuizioni che fin dalla metà degli anni Sessanta hanno connotato in modo del tutto originale e precursore la sua ricerca. Uno spirito radicalmente iconoclasta sottende tutto il suo lavoro. Del 1970 sono le prime Delocazioni, opere di ombre e impronte realizzate con fuoco, polvere e fumo, una radicale riflessione sul tema dell’assenza, sviluppato ancora successivamente fino a divenire linea portante di tutto il suo lavoro.
Queste opere assumeranno un carattere di fortissimo impatto visivo ed emozionale; ricordiamo le teatrali Delocazioni realizzate al Musée d’Art Moderne et Contemporain di Ginevra (1995), al Centre Pompidou di Parigi (1997), alla Promotrice delle Belle Arti di Torino (1998), al Musée Fabre di Montpellier (2002). Al Tel Aviv Museum of Art (2003). Nel 1975 l’artista progetta un’opera, impossibile da vedere nella sua totalità: Una scultura, le cui quattro parti sono collocate in altrettanti ipotetici punti cardinali sulla Terra (Italia, Egitto, Francia e Cecoslovacchia), lavoro che viene terminato nel 1991. La sua lunga storia espositiva è in piena attività con mostre personali e collettive in Italia e all’estero. Negli anni ottanta è sulla scena dei grandi musei e delle committenze internazionali; nel 1992 è la personale al Pac di Milano, cui segue la lunga serie di personali all’estero dal Museum Moderner Kunst di Vienna (1987), al Museo d’Arte Moderna di Strasburgo (1987), alla Albert Totah Gallery di New York (1986), a Villa Arson di Nizza, al Palacio de Cristal di Madrid (1990). Al 1988 risale la famosa Terra (1988), una sfera con impresse le impronte delle mani dell’artista, sepolta nel chiostro del Musée des Beaux-Arts di Lione, come un piccolo pianeta, espressione della natura spirituale dell’opera, tale anche quando è invisibile e luogo di dialogo con la sua essenza.
Tra le sue numerose opere permanenti nel paesaggio ricordiamo Il bosco guarda e ascolta nel parco di Pourtalés a Strasburgo (1990) eIl faro d’Islanda, (2000), opera permanente solitaria e luminosa nel territorio più desertico dell’Islanda, innalzato in mezzo ai ghiacci .
Negli anni Novanta l’attività espositiva è intensissima. Tra gli innumerevoli interventi citiamo le mostre all’Institut Mathildenhöhe di Darmstadt (1992), alla Galleria d’Arte Moderna di Praga (1993), al Centre Georges Pompidou di Parigi (1997). Nel 1995 una grande retrospettiva è presentata al MAMCO di Ginevra mentre nel 1998 Gianni Vattimo cura una delle sue più importanti mostre realizzate in Italia alla Promotrice delle Belle Arti di Torino. Invitato più volte alla Biennale di Venezia (1972, 1982, 1984, 1986, 1995), ha presentato le sue opere presso numerose altre prestigiose istituzioni internazionali, pubbliche e private. Jean Clair lo invita, unico artista italiano, alla grande mostra Mélancolie: Génie et folie en Occident, al Grand Palais di Parigi e alla Neue Nationalgalerie di Berlino (2005). Nel 2006 nel Teatro Farnese di Parma, l’artista realizza Teatro dell’arte e della guerra, impressionante labirinto di cristalli infranti, immagine di grandiosa bellezza e tragedia. Dopo la potente installazione Ex-voto al Museo del Louvre (2007), opera in aperto dialogo con i rilievi funerari e le sculture gotiche conservati nelle sale del museo parigino, Parmiggiani accoglie l’invito della Città di Pistoia, inaugurando la riapertura di Palazzo Fabroni con una grande mostra, Apocalypsis cum figuris, affidata alla cura di Jean Clair.
L’organico inserimento delle sue realizzazioni nello spazio di un luogo di cui l’artista legge e interpreta il senso profondo e la specifica spiritualità, trovano espressione straordinaria nell’opera inaugurale del Collège des Bernardins di Parigi (2008). Nel 2010vengono realizzate con la collaborazione della Galleria de’ Foscherari la spettacolare delocazione per il Museo del 900 di Milano il grande intervento per San Giorgio in Poggiale a Bologna ,“affresco” dipinto a fuoco nelle tre specchiature dell’abside e l’imponente Campo dei Fiori al posto dell’altare maggiore. Ogni volta una sfida diversa raccolta con coerenza di intenti e i cui esiti si impongono per la loro eccezionalità. Una profondità di pensiero che non si esaurisce e che, sorretta da una chiara consapevolezza sul significato civile del fare arte oggi, si pone in continuità e in rapporto vivo con la grande tradizione della pittura italiana ed europea.
Mostre personali si contano in tutto il mondo: Tokyo, Londra,Venezia, New York, Parigi, Innsbruck, Marsiglia, Vienna, Roma, Berlino, Milano, Barcellona, Maastricht, Boston, Francoforte, Zurigo, Bruxelles.
Nella sua carriera, lungi dall’essere conclusa, si impone sempre più come una delle figure principali dell’arte italiana del secondo dopo Guerra. Inclassificabile, costeggia tanto l’arte povera quanto quella concettuale assumendo, però, una postura unica ed inimitabile nel panorama contemporaneo
Notevoli sono anche i suoi scritti, tra cui “Sangue Stella Spirito” (Actes Sud, 2000).
Della sua opera si sono occupati i maggiori critici e pensatori contemporanei: Jean Clair Jean, Luc Nancy, GeorgeDidi Huberman,ecc

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Magonza realizza cataloghi di mostre, volumi di saggistica, monografie e libri d’artista, gestendo il prodotto editoriale in ogni sua fase, dal concept iniziale, allo sviluppo del progetto sino alla sua realizzazione e diffusione.

Via Martiri di Civitella 7 - 52100 AR
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