
Fotografia e immaginario materico
a cura di Marco Pierini, Alessandro Sarteanesi
«L’ho conosciuto per caso, tramite quel ragazzo che adesso cura tutte le sue cose, Nemo Sarteanesi. Un giorno venne in tipografia e mi disse: “Burri vorrebbe conoscerla di persona” …
…Quando l’ho incontrato io dipingevo, ero tra figurativo e astratto, dopo invece sono stato troppo influenzato dalla sua pittura e ho smesso. Mi affascinava troppo, non potevo fare diversamente»
«La terra non è più, come una volta, il luogo dove l’uomo sperava e rideva. La terra come la vedo adesso è fatta di segni, di materia, come un quadro di Burri; un mio paesaggio di oggi è più vicino a un suo quadro che alla terra che fotografavo prima, perché cerco il segno, le scritte, i volti come ho fatto negli altri lavori. Perché questi sono volti, io mica li ho toccati.»
Mario Giacomelli
Mario Giacomelli (Senigallia 1925 – 2000), tra i più importanti fotografi del Novecento, è il protagonista di una preziosa mostra al MAXXi di Roma, che indaga – attraverso una selezionata scelta di paesaggi e il legame con Alberto Burri – una particolare rappresentazione della natura e del territorio, in dialogo con il linguaggio astratto e informale.
Mario Giacomelli incontra Alberto Burri per la prima volta nel 1968, a presentarglielo è Nemo Sarteanesi, pittore, intellettuale, amico dell’artista che con lui ha dato vita all’omonima Fondazione e che nel 1983 organizza una mostra di Giacomelli alla Biblioteca Comunale di Città di Castello.
Uniti nell’analisi delle sensazioni che provengono dalla materia, Giacomelli e Burri rielaborano il reale in una composizione che appare convenzionalmente astratta ma non per questo meno afferente all’uomo e alla sua condizione.
Così nelle fotografie delle serie esposte, alcune di queste regalate dall’artista a Sarteanesi, altre a Burri, Presa di coscienza sulla natura, Storie di Terra, o Motivo suggerito dal taglio dell’albero, «ancora una volta Giacomelli realizza un percorso che va oltre il realismo – che resta la sua ispirazione –, sino ai territori della psicologia. … Nella rugosità delle fibre, nelle escrescenze, nel sacrificio che è il taglio dell’albero, Giacomelli individua i volti, i riflessi, la tragicità stessa dell’esperienza terrena» (S. Guerra, C. Leonardi). E ancora Arturo Quintavalle ricorda come il fotografo «non legge le sue Marche o l’Appennino centro-italiano come un paesaggio da cartolina, si trasforma invece in progettista di una ricerca, di un’arte che ripensa un territorio. Insomma una diversa idea, una land art che penetra nel profondo della storia, … legata a un diverso senso della materia e della sua durata. … I grandi paesaggi di Giacomelli sono densi di paura, di un senso di morte durissimo, come molti quadri di Burri».
I documenti d’archivio esposti raccontano il rapporto tra i due artisti consolidato da alcune tappe importanti come la mostra di Giacomelli a Città di Castello nel 1984, di cui qui si presenta una piccola selezione, e da continui scambi, come le dediche visibili sul retro di alcune fotografie presenti in mostra. Come spesso avviene nella storia dell’arte, si tratta di un rapporto di stima reciproca e brevi condivisioni, che costruiscono la trama per una riflessione sull’arte e sull’esistenza con molti punti di tangenza, ma sperimentata con strumenti, materie e tecniche differenti.
Mostra ideata da Magonza e prodotta da Fondazione MAXXI, Comune di Senigallia, Regione Marche, promossa da Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Archivio Mario Giacomelli, Archivio Sarteanesi.
Fotografie di Alessandro Sarteanesi